Cos'è l'omofobia? Come la posso riconoscere? Secondo l'Istituto di Psicologia e Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva il termine omofobia significa letteralmente “paura nei confronti di persone dello stesso sesso” e più precisamente si usa per indicare l’intolleranza e i sentimenti negativi che le persone hanno nei confronti degli uomini e delle donne omosessuali. Essa può manifestarsi in modi molto diversi tra loro, dalla battuta su un una persona gay che passa per la strada, alle offese verbali, fino a vere e proprie minacce o aggressioni fisiche. Come nasce l’omofobia? L’omofobia deriva dall’idea che siamo tutti eterosessuali e che è normale e sano scegliere un partner del sesso opposto (eterosessismo). Tale considerazione è basata anche sulla falsa credenza che in natura non esistano comportamenti omosessuali (“L’omosessualità è contro natura“) mentre migliaia di razze di centinaia di specie di animali hanno abitualmente rapporti omosessuali anche affettivi. Il pregiudizio anti-gay, inoltre, è rinforzato dall’ignoranza e dalla mancanza di contatti con la comunità omosessuale. Gli individui che presentano alta omofobia, di fatto, non conoscono la realtà gay e lesbica e ne hanno un’idea astratta basata su ciò che hanno sentito dire dagli altri. La vera coppia è quella tra uomo e donna? Assolutamente no, o meglio, non solo. Alcuni studi hanno dimostrato che le coppie dello stesso sesso e del sesso opposto sono equivalenti nelle misure di soddisfazione e impegno nelle relazioni sentimentali [1][2][3], che l'età e il genere sono più attendibili dell'orientamento sessuale nel presagire la soddisfazione e l'impegno nella relazione sentimentale [3] e che le persone che sono eterosessuali o omosessuali condividono aspettative e ideali comparabili nei confronti di una relazione sentimentale[4]. La coppia a livello legale: chi ha diritto a cosa? L'Italia è il paese dell'Unione Europea con il maggior tasso di omofobia sociale, politica ed istituzionale[5]. Secondo i dati del Dipartimento di Salute Pubblica i suicidi della popolazione gay, legati alla discriminazione omofoba in modo più o meno diretto, costituirebbero il 30% di tutti i suicidi adolescenziali[6]. Nonostante questo: all’interno della stessa Unione Europea è stato ribadito chiaramente: “Il Parlamento Europeo, considerando che le famiglie nell’Ue sono diverse e comprendono genitori coniugati, non coniugati e in coppia stabile, genitori di sesso diverso e dello stesso sesso, genitori singoli e genitori adottivi (…) invita gli Stati membri a elaborare proposte per il riconoscimento reciproco delle unioni civili e delle famiglie omosessuali (…) al fine di garantire un trattamento equo per quanto concerne il lavoro, la libera circolazione (…) e la tutela dei bambini. E si rammarica dell’adozione da parte di alcuni Stati membri di definizioni restrittive di “famiglia” con lo scopo di negare la tutela giuridica, nonché i privilegi economici, alle coppie dello stesso sesso e ai loro figli“ [18]; inoltre la stessa Corte Costituzionale Italiana afferma che le coppie dello stesso sesso sono portatrici di interessi e di pretese che devono essere disciplinate e garantite, dando sostanzialmente una bella “tirata di orecchie” ai nostri politici inadempienti e troppo soggetti all’influenza di religioni di varia natura assolutamente incompatibile con il loro ruolo [19]. I/le bambini/e hanno diritto ad essere adottati/e, da famiglie etero E da famiglie omo-transessuali Il centro University of Cambridge's Centre for Family Research ha emesso vari studi a tema, tutti convergenti alla tesi che "non vi è alcuna prova per sostenere che le tendenze dei bambini sono influenzate dall’omogenitorialità, la vita familiare e la qualità dei rapporti sono molto simili se non identici, indipendentemente dall'orientamento sessuale dei genitori, inoltre i/le bambini/e crescono esattamente come i loro compagni figli di genitori eterosessuali. In letteratura scientifica si trovano appunto moltissimi studi in merito, ad esempio: [7][8][10][11][12][13][14][15][20][22]. L'American Psychological Association, l'American Psychiatric Association, e la National Association of Social Workers affermano che "Le abilità delle persone gay e lesbiche e i risultati positivi per i/le loro figli/e non sono aree in cui ricercatori scientifici credibili possono dissentire. Affermazioni delle principali associazioni di esperti in quest'area riflettono un consenso professionale per cui i/le figli/e cresciuti/e da genitori lesbiche o gay non differiscono in alcuna considerazione importante da coloro che sono cresciuti da genitori eterosessuali. Nessuna ricerca empirica suggerisce il contrario."[14] Come notato dalla Professoressa Judith Stacey, della New York University: “Raramente si è avuto un consenso tale in una qualsiasi altra area delle scienze sociali come nel caso dell'omogenitorialità, motivo per il quale l'American Academy of Pediatrics e tutte le maggiori organizzazioni professionali con esperienza nel benessere del bambino hanno proposto rapporti e risoluzioni in sostegno ai diritti dei genitori gay e lesbiche”.[15] Tra queste principali organizzazioni ricordiamo, negli Stati Uniti l'American Psychiatric Association, la National Association of Social Workers, la Child Welfare League of America, l'American Bar Association, il North American Council on Adoptable Children, l'American Academy of Pediatrics, l'American Psychoanalytic Association, l'American Academy of Family Physicians,[16] nel Regno Unito, il Royal College of Psychiatrists [17] e in Canada, la Canadian Psychological Association[11] Approfondimenti Testimonianze di genitori e figli [21] Omogenitorialità [23] Corriere della Sera: Si cresce bene anche con genitori Gay, ecco i risultati di 30 anni di ricerca [24] Miti bigotti e risposte scientifiche [25] Fonti specifiche [1] "Adult Romantic Relationships as Contexts of Human Development: A Multimethod Comparison of Same-Sex Couples with Opposite-Sex Dating, Engaged, and Married Dyads,” Glenn I. Roisman, PhD, Eric Clausell, MA, Ashley Holland, MA, Keren Fortuna, MA, and Chryle Elieff, PhD, University of Illinois at Urbana-Champaign; Developmental Psychology, Vol. 44, No. 1. [2] “Three-Year Follow-Up of Same-Sex Couples Who Had Civil Unions in Vermont, Same-Sex Couples Not in Civil Unions, and Heterosexual Married Couples,” Kimberly F. Balsam, PhD and Theodore P. Beauchaine, PhD, University of Washington; Esther D. Rothblum, PhD, San Diego State University; Sondra E. Solomon, PhD, University of Vermont; Developmental Psychology, Vol. 44, No. 1. (http://www.eurekalert.org/pub_releases/2008-01/apa-elo011708.php) [3] S.M/ Duffy, C.E. Rusbult, “Satisfaction and commitment in homosexual and heterosexual relationships in Journal of Homosexuality”, vol. 12, n. 2, 1985, pp. 1–23 [4] Baccman Charlotte, Per Folkesson, Torsten Norlander, “Expectations of romantic relationships: A comparison between homosexual and heterosexual men with regard to Baxter's criteria in Social Behavior and Personality”, 1999. URL consultato il 29 luglio 2009. [5] Danish Institute for Human Rights "The social situation concerning homophobia and discrimination on grounds of sexual orientation in Italy" March 2009 . [6] Pietrantoni L. (1999), Il tentato suicidio negli adolescenti omosessuali, Minerva Psichiatrica, 40, 75-80. [7] Family Scholar with BAAF familyscholars.org/2013/03/05/food-for-thought-same-sex-families [8] Independent UK www.independent.co.uk/life-style/health-and-families/health-news/children-in-gay-adoptions-at-no-disadvantage-8518004.html & www.cfr.cam.ac.uk/groups/ntf [10] “Children with Lesbian, Gay, Bisexual and Transgender Parents “ American Academy of Child and Adolescent Psychiatry,2012, http://www.aacap.org/ [11] Canadian Psychological Association: Marriage of Same-Sex Couples – 2006 Position Statement Canadian Psychological Association [12] Elizabeth Short, Damien W. Riggs, Amaryll Perlesz, Rhonda Brown, Graeme Kane: Lesbian, Gay, Bisexual and Transgender (LGBT) Parented Families - A Literature Review prepared for The Australian Psychological Society [13] Pawelski, James G., Perrin, Ellen C., Foy, Jane M., Allen, Carole E., Crawford, James E., Del Monte, Mark, Kaufman, Miriam, Klein, Jonathan D., Smith, Karen, Springer, Sarah, Tanner, J. Lane, Vickers, Dennis L. The Effects of Marriage, Civil Union, and Domestic Partnership Laws on the Health and Well-being of Children Pediatrics 2006 118: 349–364 [14] www.courts.ca.gov/2964.htm [15] Cited in Cooper & Cates, 2006, p. 36; citation available onhttp://www.psychology.org.au/Assets/Files/LGBT-Families-Lit-Review.pdf [16] Professional Organizations on GLBT Parenting (http://www.hrc.org/issues/parenting/professional-opinion.asp) [17] Royal College of Psychiatrists response to comments on Nolan Show regarding homosexuality as a mental disorder [18] Risoluzione del Parlamento Europeo, 13 marzo 2012, Le donne nel processo decisionale politico - qualità e parità www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P7-TA-2012-0070+0+DOC+XML+V0//IT [19] Sentenza n. 138/2010 della Corte Costituzionale Italiana http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2010&numero=138 [20] Studi e comunicati AIPASS, APA ed altri enti: www.aipass.org/files/Comunicato%20adozioni.pdf www.apa.org/news/press/response/gay-parents.aspx www.apa.org/pi/lgbt/resources/parenting.aspx pediatrics.aappublications.org/content/early/2010/06/07/peds.2009-3153.abstract williamsinstitute.law.ucla.edu/research/parenting/adolescents-with-lesbian-mothers-describe-their-own-lives pediatrics.aappublications.org/content/109/2/341.full?ijkey=a5082159586c809125f91f2d51a76f8fe9e60e20 pediatrics.aappublications.org/content/early/2013/03/18/peds.2013-0376 [21] www.facebook.com/notes/s%C3%AC-ai-matrimoni-gay/lomogenitorialit%C3%A0/458927777515737 [22] “Lesbian and Gay Parenting” American Phicological Association (http://www.apa.org/pi/lgbt/resources/parenting-full.pdf) [23] http://bambinizerotre.it/omogenitorialita-intervista-al-prof-pietrantoni-e-alla-dott-ssa-liotta/ [24] http://27esimaora.corriere.it/articolo/si-cresce-bene-anche-con-genitori-gayecco-i-risultati-di-30-anni-di-ricerche [25] http://www.bubblews.com/news/5680071-5-miti-sull039omosessualit%C3%A0-smontati-dalla-scienza?fb_action_ids=10204324431055726&fb_action_types=og.likes Aiutaci a dire basta alle violenze, ai soprusi, alle prevaricazioni, al bullismo e non per un giorno, ma per sempre! Metti da parte i tuoi pregiudizi, prova a immedesimarti nelle vittime di queste discriminazioni e pensa: se tua figlia o tuo figlio fossero omosessuali o transessuali, non vorresti forse più giustizia per loro la felicità, la loro dignità e la loro libertà? SIAMO TUTTI UGUALI 29/03/14 Matteo, Stefano Scarica il nostro volantino da distribuzione:
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di Mara Vegansoya Nutrirsi, si sa, è un’esigenza biologica, tuttavia è sociale la risposta attraverso cui questo bisogno viene soddisfatto. Questa è soggetta a variazioni sia all'interno dello stesso contesto sociale, che tra differenti culture, che in differenti ambienti e processi storici. Il bisogno stesso e la risposta sono a loro volta correlati, infatti fondamentale è il ruolo che lo stile di vita individuale, il proprio ruolo sociale, le proprie attività predominanti hanno nell'orientare i bisogno umani (Sepilli 1994: 7). La ricerca, la raccolta e la preparazione del cibo sono attività dal forte significato culturale, sociale e simbolico. Sebbene bisogno primario, l’alimentazione fa del nutrimento un codice di comunicazione attraverso il quale il gruppo mette in rilievo la propria identità etnica, sociale e culturale. Per questo Mary Douglas afferma che le radicate tradizioni culinarie siano tra le più resistenti al cambiamento (1975: 201) a meno che non intervengano ibridazioni o elementi di profonda rottura (Simoons 1991: 203). Violare o non partecipare alle regole di un sistema alimentare significa creare disordine sociale e può essere vissuto dalla maggioranza come avvisaglia di un pericolo destabilizzante (Guigoni 2009: 26). Condividere un pasto invece, oltre ad assumere un significato rituale, è soprattutto una forma di integrazione sociale e familiare (Sepilli 1994: 13-14). Infatti, ogni sistema d’alimentazione prevede norme precise condivise dal gruppo sociale, procedimenti che a loro volta costruiscono e comunicano regole, gerarchie e legami. Alcuni cibi possono assurgere poi al ruolo di status symbol, in particolare se il cibo in questione è, o è stato, oggetto di desiderio in quanto bene di lusso (Guigoni 2009: 13-25). E’ una costante in molte situazioni culturali quella di percepire mancanza di carne anche laddove non ce ne sia un reale bisogno. Esso risulta profondamente legato a un immaginario di ricchezza e abbondanza tipico delle classi economicamente agiate e potenti oppure ad un presunto aumento della virilità machista. Anche la stessa percezione del gusto è connotata culturalmente, l’utilizzo di solo certi alimenti (immaginiamo gli insetti o i cani) come fonte proteica ne è un esempio. Il “saper apprezzare” determinati cibi pregiati è segnale evidente di affiliazione (o desiderio di ciò) a una classe sociale elevata. Esistono poi fattori biologici, come l’intolleranza al lattosio, che contribuiscono alla complessità culturale delle usanze alimentari. Il consumo di alimenti a base dei corpi di altri animali, ovvero ciò che chiamiamo carne, ha ovunque un valore fortemente simbolico se non religioso. E’ profondamente colpito da tabù, limitazioni, quanto può essere d’altra parte oggetto di desiderio smodato. Il rapporto con l’animale risulta un rapporto fortemente legato alla sfera religiosa (Kilani 2000: 85) con particolare valore espiatorio (Frazer 1890) dettato da un disagio concettuale di fondo di tipo cognitivo e filosofico (Descola 1999: 33). Un pezzo di carne è prima di tutto animale, e dal momento che l’alterità animale è da sempre un operatore simbolico fondamentale per l’essere umano esso si inserisce in uno spazio simbolico che designa i contorni di cosa è puro e di cosa è impuro. Ingerire un cibo è come farlo diventare parte di se stessi. Ingerire un animale è quindi, come dice Fischler, (1990: 279) un campo dominato dal desiderio e dall'appetito quanto dall'incertezza, dalla diffidenza e dall'ansietà , molto più che per i cibi vegetali (Simoons 1994: 188). In particolare Simoons (1991) prova ad elencare alcuni meccanismi tras culturali che regolano i tabù alimentari di gruppo e individuali. Per capire a fondo le proibizioni alimentari sulla carne Simoons consiglia di partire dalle leggi di “magia simpatica” proposte da Farzer: la “legge della somiglianza” e quella “del contatto”, che agiscono congiuntamente. Quando due cose si assomigliano vengono credute avere le stesse caratteristiche di base, quando un qualcosa viene in contatto con qualcos'altro ne assume l’essenza. Ad esempio gli etiopi sono avversi agli ippopotami perché questi assomigliano a grossi maiali (Simoons 1991: 189). Altri due fattori speculari nel caratterizzare (e soprattutto a fissare) le abitudini alimentari possono essere la cosiddetta “neofobia”, vale a dire il timore e il rifiuto per tutti gli alimenti sconosciuti che provengono da un altrove, e il suo opposto, ovvero tendere a risparmiare gli animali più prossimi con i quali si è entrati in familiarità. E’ cosi che difficilmente un europeo assaggerà carne di locusta o del proprio animale domestico (Simoons 1991: 190-191). La carne, in quanto cibo prezioso prodotto di una trasformazione di molte risorse in poco prodotto finito (a meno che gli animali non vengano condotti a pascolare per pascoli inutilizzati o inutilizzabili), è sempre stato principalmente un cibo riservato alle élites, tanto che è ipotesi di Simoons (1991: 194) che alcuni tabù stessi siano stati imposti dal gruppo privilegiato nel tentativo di riservare a sé il cibo migliore per tutelarsi dalle richieste dei gruppi e degli individui sottoposti. Meno convincenti , in quanto non sufficientemente provate, sembrano invece le proposte di coloro che ipotizzano motivazioni materialiste di tipo utilitaristico ( non uccidere animali utili), medico ( evitare certe malattie)o tecno –ambientale\pseudomarxista (evitare animali che incidono negativamente nei rapporti ecologici locali). Simoons (1991) e anche Harris (1985) ci raccontano entrambi di un mondo dominato da prescrizioni religiose e usanze culturali che fanno uso costante di carne e derivati animali, rilegando a rarità i casi di deciso vegetarianismo o veganismo. Il vegetarianismo è in realtà un fenomeno antico e diffuso nelle religioni orientali che seguono percorsi spirituali di ricerca interiore, basti pensare che coinvolge i fedeli praticanti di grandi religioni come quella buddista, induista ,giainista, sikh, taoista e confuciana. Esso ha come suo luogo di massima diffusione sicuramente l’India sebbene sia diffuso anche in Asia. Le due più grandi religioni indiane , il buddismo e l’induismo si basano infatti entrambe sul concetto dell’ haimsa, ovvero il principio della non violenza, e quello della credenza nella metempsicosi, vale a dire nella reincarnazione delle anime. Quindi, almeno teoricamente, tra i fedeli dovrebbe valere il principio di non nuocere ad alcuna creatura vivente, pena la retrocessione in una scala di maggior purezza, pace, e chiarezza interiore. Sia nel buddismo che nell'induismo però, il ferreo vegetarianismo risulta più una prescrizione che un vero e proprio obbligo. In particolare sono i monaci buddisti e i brahmani induisti ( e le caste che aspirano al loro status sociale) a essere seguaci del culto ortodosso di aborrire ogni tipo di carne. Molto più scrupoloso è invece il giainismo, i quali seguaci, strettamente vegani, non esitano a mettersi una mascherina sulla bocca e a spazzare lungo il loro cammino per evitare di ingerire o pestare delle piccole vite (Simoons 1991: 14-16). Queste premesse ci permettono di meglio comprendere il valore che le scelte alimentari hanno nella cultura umana, ma benché spunti interessanti, sarebbe antropocentrico pensare di trattare il consumo di carne soltanto come tradizione religiosa e culinaria senza considerare le conseguenze su gli altri attori coinvolti, ovvero gli animali. Una prospettiva non antropocentrica ha necessariamente il ruolo di indagare le conseguenze sul bios di queste pratiche culturali che si rivelano ormai non più ecologicamente sostenibili ed eticamente giustificabili nelle loro modalità. Simoons Fredrick J.(1991) Non mangerai questa carne, Milano, Eleuthera. Sepilli Tullio (1994) "Per una antropologia dell'alimentazione. Determinazioni, funzioni e significati psico-culturali della risposta sociale a un bisogno biologico", La Ricerca Folklorica , n° 30, pp. 7-14 Guigoni Alessandra (2009) Antropologia del mangiale e del bere, Torrazza Coste (PV), Edizioni Altravista. Frazer James George (1890) Il ramo d’oro, Torino, Boringhieri, 1965. Kilani Mondher (2000) “La mucca pazza: ovvero il declino della ragione sacrificale” in Rivera Annamaria (a cura di), Homo Sapiens e mucca pazza, Bari, Edizioni Dedalo. Harris Marvin (1985) Buono da mangiare, Torino, Einaudi, 1990. Fischler Claude (1990) L’onnivoro. Il piacere nella storia e nella scienza, Milano, Mondadori, 1992. |
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