La tecnica nacque come strumento nelle mani dell’essere umano per dominare la natura ai fini degli interessi umani, per superare i limiti biologici della propria specie. Nel corso della storia umana l’apparato tecnologico, da semplice strumento di sopravvivenza, è diventato sempre più manipolatore dell’umanità stessa. I dispositivi di cui l’umanità lo ha fornito lo hanno reso una struttura autoportante che tende a riprodursi e rafforzarsi come un parassita per mezzo dei suoi contagiati. L’apparato tecnico produttivo o “megamacchina”, per usare le parole di Serge Latouche (1995), mira necessariamente a un tipo di sviluppo progressivo, espansivo e concretamente distruttivo. Chi sia il fantino (leader o manager) che guidi il cavallo del progresso tecnico-produttivo è ormai un dato ininfluente. Certi valori come, solo per citarne alcuni, il desiderio del consumo per il consumo (si veda il culto dello shopping), l’economicismo, la logica del profitto, il bisogno di oggetti tecnologici sempre più moderni oltre ogni reale esigenza, la spensieratezza irresponsabile della filosofia del “cogli l’attimo” e della “vita spericolata” sono stati inculcati nella società occidentale e occidentalizzata dai tentacoli della megamacchina attraverso media, musica, istruzione, tendenze, e divertimenti tanto da essere un “habitus”[1] un automatismo performante implementato inconsciamente dagli individui che orienta le loro azioni e le loro scelte in modo quasi automaticamente 'naturale' permettendo l’autoriproduzione della doxa diffusa. Da mezzo per soddisfare alcuni bisogni primari dell'essere umano l’apparato tecnico produttivo è diventato esso stesso creatore di nuovi bisogni per vendere le sue merci. Fino a che punto la ricerca scientifica e il progresso tecnologico saranno davvero volti a soddisfare necessità stringenti, prima di diventare un unico processo referenziale slegato da urgenze reali? L’umanità è resa oramai assuefatta alla sua presenza e non più in grado di gestirla e di governarla a pieno, ma solo di fruirne in tempi e i modi stabiliti dal sistema stesso. Nel suo processo di sviluppo l’apparato tecnico ha contribuito ad allontanare l’essere umano dal contatto diretto con il reale naturale operando come medium. Man mano che l’essere umano si affida alla tecnica ha un contatto sempre meno di tipo emotivo sia con se stesso(per l'adeguamento alla logica delle macchine)sia con le alterità (per gli aspetti scomodi e frustranti dell’esistenza, ela caoticità del naturale vissuti socraticamente come paure e malattie da guarire dalle quali tenersi lontani per una vita standardizzata da normopatici imbevuta di artificialità)[2]. Solo per citare alcuni esempi, l’agricoltura viene così sempre più meccanizzata a scapito della qualità del prodotto, la terra violentata da pesticidi chimici per non rispettare i ritmi della natura, gli animali immessi come oggetti in una catena di smontaggio fin dal momento del loro concepimento tramite uno stupro imposto da una macchina inseminatrice, e il bisogno indotto di nuovi cellulari e computer sempre più performanti scatena cruenti genocidi nei paesi africani che ospitano le miniere di coltan e altre risorse preziose . Il tecnicismo, attraverso il consumismo, ci ha portato così a considerare primario la ricerca e l’acquisto di nuovi prodotti e tecniche innovative rispetto alla salvaguardia delle vite di esseri senzienti. La tecnica, da sempre mezzo per i fini strettamente umani di dominio e controllo sulla natura, i suoi abitanti e i suoli fenomeni ( e le alterità umane considerate “bestiali”) può dirsi pienamente uno dei più evidenti epifenomeni dell’antropocentrico. Lentamente però, è inquietante notare, come quest’ultima si faccia sempre più tecno-centrica che antropocentrica apportando ricerche, sviluppando sistemi di razionalizzazione, metodi repressivi, armi militari, energie pericolose etc., persino dannosi e controproducenti per la razza umana stessa sfruttando le relazioni di diseguale potere che intercorrono nei sistemi sociali ©Mara Vegansoya [1] Termine nell’eccezione di Bordieau (1972) [2] Riflessioni ispirate da :Umberto Garimberti (1999) Latouche Serge (1995) La megamacchina. Ragione tecnoscientifica, ragione economica e mito del progresso, Torino, Bollati Boringhieri. Garimberti Umberto (1999) Psiche e tecnè, Milano, Feltrinelli. Bordieau Pierre (1972) Esquisse d’une thorie de la pratique ,Ginevra, Droz.
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December 2015
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